"Perché non stanno al loro paese?
Aiutiamoli a casa loro!".
Queste sono frasi comuni che si sentono tra i nostri allievi, quando si riferiscono agli stranieri, soprattutto verso quelli che provengono dall’Africa.
A volte però c’è la possibilità di sentire l’altra versione, quella di chi l’Africa l’ha lasciata ed ha attraversato il Mediterraneo per arrivare fino da noi.
I ragazzi di alcune delle classi di Dronero hanno avuto la possibilità di ascoltare la testimonianza di Kalidou, un ex allievo che ha frequentato la nostra scuola negli anni 2011 – 2014.
Partito da casa sua in Senegal all’età di 8 anni, è andato a lavorare in Gambia con un suo cugino. Prima si limitava a portare acqua ai muratori ma molto presto ha iniziato a lavorare come muratore lui stesso e questo per 4 anni.
Tornato a casa, dopo appena qualche mese è ripartito per la Guinea Bissau. Lavorava per guadagnare qualche soldo e poi si spostava per cercare situazioni migliori. Poi ancora In CIAD e infine è giunto in LIBIA.
Poco dopo è scoppiata la guerra tra le milizie armate e i bombardieri francesi che lanciavano i razzi contro le case.
Quando si vedevano le tracce in cielo bisognava fuggire in fretta per cercare riparo, altrimenti si rischiava una fine tragica.
In Libia si respirava odio e razzismo contro “gli stranieri”, soprattutto se neri, e allora non rimaneva altro da fare che fuggire per non rischiare la vita.
Ha dovuto pagare 2000 Dollari per essere imbarcato su una nave dove si trovarono in 580. Stipati letteralmente uno sopra l’altro hanno viaggiato in mare per una settimana bevendo pochissima acqua ma senza mangiare nulla.
Giunto a Lampedusa è stato assistito e rifocillato e poi spedito a Torino. Da Torino è arrivato infine in una casa famiglia a Caraglio, in quanto ancora minorenne. Questa è stata la sua salvezza perché ha avuto la possibilità di iscriversi alla nostra scuola, di imparare l’Italiano, di frequentare il corso di meccanica e di conseguire il diploma di terza media.
Nel 2014 ha lasciato la scuola perché aveva raggiunto la maggiore età e aveva l’urgenza di incominciare a lavorare per mantenere attivo il permesso di soggiorno.
Da allora continua a lavorare, anche se ha cambiato diversi lavori, ha preso la patente di guida, abita in un appartamento in affitto e riesce a inviare un sostegno economico ai suoi fratelli che continuano a vivere in Senegal mentre i suoi genitori non ci sono più.
Una storia vera che ha toccato profondamente i nostri ragazzi, abituati a tanti slogan spesso carichi di pregiudizi e a volte segnati da un sottile velo di razzismo. E’ stato un bellissimo spunto di riflessione, anche per scoprire le opportunità che offre l’essere nato in Italia e il poter vivere in pace con delle prospettive per il futuro.